Etichette (artigianali e virtuali) - di Etero Genio - no ©

Cd e pc

"La possibilità che "chiunque" possa accedere alla tecnologia atta alla creazione di musica è una bufala. Al giorno d'oggi è sicuramente più facile imparare a suonare una chitarra che capire come funziona un Cubase. E anche quando si a presa dimestichezza con tali software, bisogna comunque avere qualcosa da dire. Se hai fantasia e sei sufficientemente creativo, il come e con cosa realizzi la tua musica è solo una convenzione abbastanza sterile. Sono sempre le idee che sopravvivono si evolvono e mutano, non i mezzi con cui attuarle."

Mi associo pienamente a questa lapidaria affermazione di Adriano Zanni (Punck), anche percha mi sembra confermata dai fatti: i gruppi pop-rock sono ormai come le squadre di calcio, in ogni paesino con quattro case ce n'e' una se non di più! I musicisti elettronici, ben che vada, sono ancora giocatori di pallavolo. Il paragone calcio-pallavolo è valido anche dal punto di vista dello spazio che le due discipline hanno a disposizione nei media e nelle manifestazioni pubbliche. Quello che l'avvento dell'elettronica ha semplificato non è il fare musica, nel senso di creare, ma il fare musica nei processi di confezione, pubblicizzazione, distribuzione e riproduzione. Non solo questi processi si sono semplificati ma costano anche meno. è in questo senso che la rivoluzione elettronica sconvolge molti più equilibri di quanto abbiano fatto l'avvento dei video, l'elettrificazione degli strumenti, perfino l'invenzione del grammofono e del disco.

La semplicità e i bassi costi relativi alla Fabbricazione del CD hanno avuto come conseguenza un aumento spropositato di etichette e sottoetichette discografiche con conseguente aumento delle uscite ex-novo o delle ristampe (queste ultime favorite dalla durata maggiore del CD rispetto al vecchio vinile e quindi dalla possibilità di aggiungere uno o più brani ad ogni nuova pubblicazione sembra quasi di assistere a quei film che terminano in modo da lasciare aperta la strada al n°2, n°3, ecc.). Il meccanismo delle pubblicazioni spropositate rispetto a quello che è realmente il mercato non si è limitato alla cosiddetta musica popolare ma ha interessato anche la musica jazz e la musica classica (con un elevato tasso di uscite mensili che riguarda anche compositori ormai morti e sepolti da secoli). Aggiungete a ciò la possibilità di aggiustare il tiro attraverso la variazione delle confezioni (scatola in plastica, scatola in cartoncino, cofanetto raccolta) e il tutto raggiunge proporzioni mastodontiche.

La prima conseguenza di ciò non può che essere un abbassamento nella media delle copie vendute per titolo. Come ha risolto il problema l'industria discografica che per principio tende ad aumentare i propri profitti? Innanzi tutto attraverso un aumento dei prezzi: nonostante il costo di produzione di un CD sia nettamente inferiore a quello di un LP, il prezzo al pubblico del primo è molto più alto. Questo meccanismo porta di conseguenza ad un ulteriore abbassamento nella media delle copie vendute per titolo. Ecco che a questo punto entra in funzione il meccanismo del CD-R che permette di sopperire tramite lo sdoppiamento al calo di vendite. Naturalmente la produzione di CD-R e masterizzatori è in mano alla solite multinazionali discografiche.

Quindi il meccanismo è: maggiore produzione, abbassamento delle vendite dei singoli titoli, aumento dei prezzi, ulteriore abbassamento delle vendite, recupero tramite la vendita dei CD-R che naturalmente è destinata ad aumentare. Le vendite minori fanno logicamente risparmiare sulle percentuali dovute ai musicisti, così come l'aumento sconsiderato del numero di questi ultimi na diminuisce il potere contrattuale. I ventilati, e spropositati, aumenti dei supporti CD-R rispondono logicamente a questo meccanismo. Ora, siccome l'uomo è creativo, come sempre cerca di trovare dei vantaggi e delle scappatoie anche alle situazioni a lui più svantaggiose. Si narra ad esempio che quando entrò in vigore l'obbligo delle cinture di sicurezza, a Napoli erano già state stampate delle magliette bianche con sopra il disegno della cintura!!! così i bassi costi di produzione dei CD e CD-R, uniti alle maggiori possibilità di distribuzione che si sono create con Internet, non sono serviti solo alle multinazionali per aumentare i propri introiti ma anche a numerosi musicisti per slegarsi in parte dalle multinazionali creando le proprie etichette e i propri canali distributivi.

Non c'è da stupirsi se il primo ad essere coinvolto in prima persona in questo sconvolgimento è proprio il musicista elettronico. Per chi ha pratica con il mezzo elettronico in qualità di musicista è infatti più facile padroneggiarlo pure negli altri meccanismi, come quelli che permettono la Fabbricazione e la distribuzione del CD quale oggetto commerciabile. Le tecniche elettroniche hanno anche annullato molte differenze che esistevano fra le varie espressioni artistiche. Non è affatto una cosa scontata che chi suona bene una chitarra sia in grado anche di dipingere. È molto più facile che chi è in grado di manipolare un computer per fare, o per montare, della musica sia in grado di utilizzarlo per creare, o manipolare, delle immagini, e questo è un ulteriore elemento che favorisce il musicista elettronico nel momento in cui decide di confezionare in proprio la sua musica.

Etichette artigianali

Uno spettro s'aggira per il mondo, lo spettro del CD-R autoprodotto. Tutte le potenze legate all'industria discografica si sono alleate in una santa battuta di caccia contro questo spettro: le grosse etichette, i distributori, i negozi di dischi, le varie SIAE e la stampa musicale. Perfino molti di coloro che non hanno scrupoli quando risparmiano facendosi la copia masterizzata non ne vogliono sapere di acquistare un CD-R autoprodotto dal musicista. Perfino il distributore americano Forced Exposure, che tratta anche le etichette più scalcinate, rifiuta la distribuzione dei CD-R. Tutto ciò facendosi scudo di cavilli pretestuosi quali la scarsa qualità e il basso costo di produzione che porta alla saturazione del mercato. Ma ho il dubbio che dietro a tale rifiuto ci siano motivi ben più concreti, e cioè il fatto che il CD-R autoprodotto mette in discussione l'attuale meccanismo che vede coinvolte etichette - distribuzione - critica, cioè tutti quei settori parassitari che vivono sfruttando la produttività del musicista e la curiosità degli appassionati. L'ostilità di questi ultimi nasce invece dall'ignoranza di come funzionano le cose.

Vediamo di fare un po' di chiarezza. Innanzitutto dobbiamo fare delle distinzioni fra i demoCD-R, che sostituiscono i vecchi demotape, i CD-R confezionati da singoli musicisti sia a scopo dimostrativo che per essere venduti, i CD-R che i musicisti preparano appositamente per vendere ai concerti (uno dei più bei dischi che ho di Axel Dörner è un CD-R di questo tipo) e le etichette vere e proprie. È di queste ultime che intendiamo occuparci cercando di dimostrare come le affermazioni di chi sostiene essere il CD-R un prodotto inferiore e più facile da confezionare non siano fondate su dati concreti. Per stampare il CD industriale (che chiameremo CD audio) serve il Master Glass, cioè la copia originale dalla quale vengono poi tratti i singoli CD, e questo è quello che rappresenta il maggior costo (intorno ai 400 Euro).

Dal Master Glass i dati vengono passati su una struttura registrabile che viene poi incollata al supporto di base, infine viene incollata un ultima patina protettiva. Il CD-R è invece un supporto nel quale è già incollata la struttura registrabile e dove, una volta registrato, non sarà possibile applicare la patina protettiva. Questa patina protettiva, la cui efficacia è tutta da dimostrare, è l'unico elemento che differenzia il CD audio dal CD-R. La qualità dei supporti CD-R è variabile ma anche i supporti utilizzati per la produzione industriale non possiedono un uniforme standard qualitativo. Va sfatata la convinzione che si può riconoscere un CD-R dalla colorazione blu che è anche ritenuta simbolo di scarsa qualità. I CD-R della Touch e Ned n°2 di Belfi, per quanto riguarda il colore, non sono per esempio affatto distinguibili dai comuni CD audio (in realtà esiste la possibilità di distinguere un CD audio da un CD-R, ma tralasciamo questo dettaglio perchè l'articolo si propone altri fini).

È assolutamente falso affermare che il supporto di un CD audio costa più di un supporto CD-R. Se mai costa meno, e la differenza di costo fra CD audio e CD-R dipende esclusivamente dal Master Glass. Più copie di un CD audio vengono stampate e più il costo della singola copia tende ad abbassarsi. La produzione di un singola copia costa 400 Euro più il supporto e la lavorazione, già producendone due il costo scende a 200 Euro più il supporto e la lavorazione. E così via. Il costo per produrre una singola copia in CD-R è invece indipendente dalla tiratura. È quindi chiaro che per grosse tirature il CD-R è assolutamente sconsigliabile.

Riprendendo ad esempio il CD-R di Belfi, che è stato prodotto presso una ditta specializzata (sulla produzione di tipo domestico torneremo poi), i dati ci dicono che già a una tiratura di 500 copie il formato CD-R sarebbe andato a costare più del CD audio. A questo punto entra in gioco anche un altro fattore: le ditte che producono CD audio lavorano solo su tirature minime di 500 copie. Quindi, in definitiva, il vero risparmio nella produzione di CD-R sta solamente nella possibilità di poter stampare un numero di copie inferiore a 500. Solo due parole per esprimere il mio apprezzamento morale a chi, sapendo di non avere una possibilità di smercio pari alle 500 copie, ne produce un numero più limitato dando il suo piccolo contributo nella lotta all'inquinamento.

Chiaramente per chi masterizza le copie da se c'è un ulteriore risparmio, però a questo punto vanno considerate le ore che passa a masterizzare (2-300 copie di ogni titolo: da uscirne pazzi), quelle che passa a fare le confezioni, le copie bruciate, quelle venute male per altri motivi; in ogni caso la conclusione rimane la stessa: il CD-R non costa meno e l'unico vantaggio che offre è di poter stampare un numero limitato di copie. Questo spiega anche percha ci sono etichette che scelgono variabilmente il CD o il CD-R a seconda della tiratura che intendono fare di quel titolo specifico. Un esempio di etichetta simile lo abbiamo nella Ants, legata a Silenzio distribuzione, o nelle succursali CD-R di label affermate come la Touch e la Staalplaat. Può succedere anche il caso di etichette che nascono come CD-R label e poi passano alla produzione di CD audio, vedi la Cubic Music che è una delle più interessanti nuove etichette giapponesi.

Chi guarda alla musica solo come fenomeno di mercato dirà che le 333 copie vendute dalla Afe Records con Retrovirus di Bad Sector e le quasi 200 vendute dalla S'agita Recordings con Fantasy Apparition di Loren Chasse (praticamente sold out) sono quisquiglie. Bah, mi sembra che le vendite di un'etichetta che produce CD audio di nicchia come può essere la Erstwhile non siano di molto superiori. Naturalmente va tenuto conto del livello diverso di pubblicizzazione. Mi spiego meglio. Prendiamo la rivista inglese The Wire che, a quanto ne so, rappresenta un po' la pietra di paragone per chi segue un certo tipo di musica. Mentre i dischi della Erstwhile vengono regolarmente recensiti e piazzati nelle playlist, quelli dell'etichetta portoghese Grain Of Sound - produttrice di CD-R - non hanno ricevuto finora nessuna segnalazione. Eppure la Grain Of Sound viaggia su un ottimo standard, sia per quanto riguarda la confezione che per quanto riguarda la qualità dei supporti e della musica; e pensare che, al pari della Erstwhile, ha anche preso un quadratino di pubblicità in quel giornale. Per il momento non è servito a niente: i dischi della Erstwhile continuano a ricevere recensioni mentre di quelli della Grain Of Sound non se ne parla.

Mentre le CD-R labels tendono ad innalzare la qualità delle proprie realizzazioni, dall'altro lato la tendenza all'abbassamento del numero di copie vendute porta le etichette ufficiali a dei tiri correttivi per poter avere un rientro economico, con clamorosi ridimensionamenti proprio nella qualità delle confezioni. L'etichetta austriaca Durian, peraltro ottima, ha cambiato il tipo di involucro passando dal classico box in plastica dura al panino sul tipo di quello utilizzato dalla Raster-Noton per la serie "20' to 2000". Sinceramente non so quale dei due costi meno, ma sicuramente nel caso del panino c'è il risparmio sul libretto che non è inserito e che una scritta invita a cercare nel sito dell'etichetta. Credo proprio che nella scelta della Durian il fattore estetico abbia influito in minima parte (probabilmente per niente).

Facciamo un altro esempio sintomatico a proposito di confezioni. Prendiamo in mano il CD audio The Disintegration Loop di William Basinski e il CD-R Sensible e.p. di Autistre pubblicato dalla Afe Records e analizziamoli dettagliatamente. L'involucro del primo è costituito da un cartoncino di 12x24 cm ripiegato in due e inserito in una busta trasparente di plastica. Nel secondo un cartoncino delle stesse dimensioni è confezionato a busta e contiene: un ulteriore cartoncino preparato allo stesso modo dove sta il CD e dove sono riportate le annotazioni, un cartoncino 12x36 cm ripiegato per tre con impressi numerosi disegni dell'artista, tre ulteriori gadget sempre in cartoncino illustrato.

Mi sembra che non vi sia ombra di dubbio su qual è la confezione più accurata. Rifacendo i conti e considerando che il costo del supporto si equivale, mi sembra un gioco da ragazzi capire da che parte sta il costo di fabbricazione maggiore. Il disco di Basinski ha avuto grande risonanza sulla stampa mentre quello di Autistre non se l'è filato nessuno, il disco di Basinski viene venduto a 20 Euro e quello di Autistre a 11,40 (è un mini, ma i CD della Afe costano comunque 13 Euro). Ora non voglio mettere in dubbio che il disco di Basinski possa essere più meritevole, ma sono sicuro che se si trattava di un CD-R col cavolo che si prendeva le recensioni evidenziate e col cavolo che veniva venduto a quel prezzo. Il risultato sarebbe inevitabilmente stato un abbassamento delle copie vendute (strano ma vero).

A questo punto servirebbe altrettanto spazio per analizzare perchè compriamo un disco: perchè ci piace? Perchè costa più di un altro? Perchè ha una bella copertina? Perchè ce lo consigliano i giornali? Dribbliamo la questione e passiamo ad altro.

Un'altra curiosità riguarda la recensione avuta su The Wire da Ned n°2 di Belfi, 12 righe nella pagina dedicata a Outer Limits, della qual cosa si sono stupiti tutti, Belfi compreso, e sorge il dubbio che il recensore sia stato ingannato dal colore della patina (vedi quanto si dice al proposito qualche riga indietro); la solita vocina mi dice che se il CD di Belfi fosse stato bluastro difficilmente avrebbe ottenuto quel pur minimo spazio. Naturalmente siamo nel campo delle ipotesi, ma decisamente credibili. I pregiudizi si nutrono sempre con l'ignoranza. Quindi siamo alla conclusione che per le piccole produzioni il CD-R, con la possibilità di stampare meno di 500 copie, offre al musicista la possibilità di risparmiare e quindi anche di poter vendere a un prezzo più basso.

Anche se poi il maggiore contributo all'abbassamento del prezzo viene offerto dal sistema di vendita e distribuzione alternativo che permette l'eliminazione di numerosi balzelli. Dei 20 Euro e passa a cui viene venduto un CD audio solo una piccola parte ritorna infatti al musicista, il resto va all'etichetta, a uno o più distributori, al promoter, al negoziante; poi ci sono i vari surplus tipo SIAE e tasse in genere, la pubblicità manifesta, la pubblicità occulta, le copie promozionali (in pratica sulla vendita di un CD, anche quelli prodotti da numerose etichette indipendenti che utilizzano i sistemi di distribuzione più codificati, ci mangia un esercito). Durante la fugace apparizione italiana del trio giapponese formato da Masahiko Okura, Masafumi Ezaki e Taku Unami i dischi della loro etichetta Hibari Music erano venduti a soli 12 Euro per CD audio e 6 Euro per CD-R. Se vai a comprare gli stessi in negozio sali sicuramente sopra i 20 Euro dei quali al musicista ne rientrano meno di 12. Mi sembra banale ribadire chi trae vantaggio dalla vendita diretta.

Fra le etichette artigianali più interessanti a livello internazionale c'è la portoghese Grain Of Sound che ha saputo darsi una linea grafica elegante ed essenziale sul modello di etichette guida del settore come Meme o Trente Oiseaux. In Italia la Afe Records di Milano, gestita da Andrea Marutti, è una veterana della scena e dispone di un catalogo impressionante - per il numero di titoli, la qualità e la varietà. Le confezioni, molto curate, non hanno nulla da invidiare alle produzioni di CD audio, anche se non possiedono caratteristiche in grado di far individuare a prima vista un CD-R Afe come tale. Questa mancanza di identità riflette però la personalità dello stesso Marutti, attivo come musicista in vari settori dell'elettronica sotto svariate sigle: Amon, Never Known, Lips Vago, Spiral e Wolkspurz & Ramirez. Marutti, esteticamente, passa infattio dal goticismo romantico dei primi all'elettronica frivola di Wolkspurz & Ramirez, attraversando un po' tutte le forme.

Ma nel catalogo dell'etichetta, oltre ai suoi progetti, è possibile trovare altri interessanti nomi sia italiani che stranieri. Innanzi tutto alla Afe si è accasato un ottimo nome storico dell'elettronica nostrana come Raffaele Serra. Poi, e non potendo citarli tutti mi limito ai migliori secondo il mio gusto, Autistre, Parallel, Snotra, Brian Lavelle, Jacob Ludvigsen; Una citazione a parte la merita sicuramente Teddy Bear Remix Project, un cofanetto di quattro CD con 64 remix dal disco di Wolkspurz & Ramirez.

L'accuratezza della manifattura, e l'alto livello musicale, ne fanno un masterpiece delle confezioni artigianali e la dimostrazione concreta di come questo tipo di produzioni non abbiano nulla da temere dal confronto con le sorelle che lavorano a livello industriale. Accanto alla Afe va citata la S'agita Recordings gestita dai romani Logoplasm, sia per l'alto livello qualitativo che per l'interessante idea di affiancare all'etichetta una vera e propria distribuzione per tutto il settore delle autoproduzioni, comprese quelle in CD-R.

Etichette virtuali

Uno dei capolavori più recenti della musica elettronica è stato inizialmente pubblicato come mp3 e soltanto in seguito è stato trasferito in una serie di 24 x 3" CD. Sto naturalmente parlando della invalidObject Series della Fällt, mastodontica operazione che ha coinvolto 24 musicisti internazionali dei più alti livelli fra cui Pita, Scanner, Taylor Deupree, Kim Cascone, Steve Roden, Stephan Mathieu, Goem, Ekkehard Ehlers, Richard Chartier, Massimo, Pimmon; la risonanza che una operazione di così alto livello ha avuto nella stampa è stata incredibilmente zero. Eppure non c'è dubbio che i discussi - e come tutto discutibili - mp3 fanno ormai inesorabilmente parte della nostra realtà musicale. Ma questi, ancor più dei CD-R, mettono a dura prova quel meccanismo di cui parlavamo sopra.

Anche per gli mp3 si devono fare delle distinzioni fra chi mette in rete dei brani o frammenti di essi a scopo dimostrativo e promozionale, chi si crea un sito dove pubblica solo il suo materiale e le vere e proprie etichette. E di nuovo va puntato l'obiettivo sul carattere misto di buona parte delle ultime. Ma soffermiamoci un attimo sui siti personali aperti ormai da quasi tutti i musicisti, e in particolare da quelli che fanno musica elettronica (già molti di essi diffondono la loro musica esclusivamente in rete). Invitiamo chi ci sta leggendo ad addentrarsi in pagine interessanti come quelle di Punck (www.punck.net), Mugen (www.pachinkostudio.com), Paolo Veneziani (www.paoloveneziani.net); qual è il dato principale che emerge? Sicuramente la possibilità di espressione ad ampio raggio che tale strumento offre, per coloro che praticano la multimedialità quale elemento liberatorio delle proprie energie questa possibilità mi sembra il massimo. Poter affiancare gallerie di suoni, immagini e parole Richiederebbe, al di fuori dello spazio virtuale, una spesa considerevole e rimarrebbe in ogni caso una cosa limitata a pochissimi ambienti e ad un numero ancor più limitato di ascoltatori.

Questo discorso vale anche per le etichette virtuali, che possono giocare sul fattore multimedialità per aprirsi su nuovi universi la cui esistenza è inimmaginabile per le normali etichette. La label gestita dagli abruzzesi Tu m', per esempio, ha confezionato una raccolta per suoni e immagini davvero stupefacente. Vi hanno preso parte alcuni artisti di calibro come David Grubbs, Carl Stone, Oren Ambarchi, Hugh Hopper, Vert; una cosa impensabile al di fuori dello spazio virtuale. Certo la qualità d'ascolto non è ancora a livelli ottimali e alcuni dati vanno sicuramente persi nel sistema di compressione in mp3 così come, in caso di download, nella stessa operazione di scarico.

Ma si tratta di un sistema in continua evoluzione e non è dato ancora sapere quali possono essere gli standard che verranno raggiunti. Per quanto riguarda la qualità del materiale distribuito in rete non ci sono poi dubbi sul fatto che è al passo con quello reperibile su disco. Prendete per esempio il sito di Domenico Sciajno, sfido chiunque a dimostrare che la musica che vi è contenuta non è di qualità superiore al 90% della paccottiglia che si vende nei negozi di dischi. A proposito del sito di Sciajno vi consiglio di visitarlo anche solo per il gusto di vedere la cura e l'eleganza che lo contraddistingue.

Vorrei chiudere con alcuni dati, scarsi ma pur sempre indicativi. Gli oltre 7000 download avuti da Phonk (un musicista che mette i propri brani solo in rete) o i circa 4500 della compilation Beyond The Sound mi sembrano cifre più che considerevoli per capire dove sta andando a parare il mondo. Resta solo da aprire gli occhi e rendersene conto. A compendio dell'articolo ho cercato di mettere insieme una rubrica con gli indirizzi di CD-R e web label che sono riuscito a trovare. So bene che non sono tutti, che qualcuno è probabilmente inesatto, che altri al momento in cui leggete non saranno magari più attivi. Che volete, è un mondo in continua mutazione ed evoluzione. Solo una cosa: apprezzate l'impegno.


PS: Tengo a precisare che tutto questo va inteso come approfondimento ad alcune tematiche già affrontate nell'articolo Nuove Forme in Italia che potete leggere in questo stesso sito.