Nuove Forme in Italia - di Etero Genio - no ©

Al di là di alcuni aspetti marginali relativi alle differenti tecniche e logiche dispiegate dai diversi dispositivi tecnologici disponibili negli anni '70 (uno su tutti, il sistema analogico di ieri e quello digitale di oggi), credo che una differenza fondamentale con l'elettronica odierna la giochi l'intero paradigma tecnologico. Se da un lato si utilizzava la macchina ancora con un fare un po' ingenuo che emulava spesso procedure, tecniche, comportamenti che anni di storia avevano formalizzato nei confronti dello strumento tradizionale, dall'altro lo sviluppo tecnologico sembrava garantire possibilità infinite (penso al Suono organizzato di Varése).

Quindi, da una parte la macchina utilizzata come un qualsiasi altro strumento, e dall'altro la consapevolezza di avere tra le mani un meta-strumento, almeno in potenza... lo sviluppo tecnologico in breve avrebbe soddisfatto qualsiasi esigenza. La Kosmiche Musik in parte simboleggia anche questa aspettativa, il cosmo come metafora del potere che si spinge oltre l'infinito, la possibilità di viaggiare attraverso le stelle e mondi lontani, così, semplicemente... come normalmente lo si fa in auto, attraversando paesini e borghi in una tiepida Umbria primaverile.

Non è proprio la stessa cosa... c'è anelito, estasi... d'accordo, è pur sempre un viaggio interstellare, ma non è più uno spazio nemico che ci tiene imprigionati sulla terra. Lo so... una specie di romanticismo (nessun senso dispregiativo) che apparteneva solo a questa particolare area di musica elettronica e non di certo alla musica elettronica 'colta ' (con senso dispregiativo), ma l'intero paradigma rimaneva lo stesso. Dunque, la macchina come corpo unico, ideologia benefica e salvifica, strumento docile e misterioso. Oggi, escluso pochi illusi, una buona parte dei musicisti ha smascherato il discorso tecnocratico, fatto di pura mistificazione, provando a minare l'idolo.

Corpo della macchina frammentato, parcellizzato, divorato, ognuno utilizza un piccolo pezzo, senza ideologie, ma solo per ristabilire il proprio percorso. Le piccole macchine finalmente vengono comprese nel proprio funzionamento ed utilizzate per configurare nuovi viaggi, nuove scoperte. Il numero di dispositivi elettronici usati o addirittura creati oggi dai musicisti è veramente impressionante e ovviamente altrettanto stimolante. Anche la musica vive di questa ricchezza, che si apre così ad ogni possibile orizzonte. Non si tratta più di conoscere perfettamente la macchina per fare tutto quello che si può fare, ma di imparare quelle poche cose che servono per individuare un cammino... e ricordarsi che fuori c'è il sole.

La grande macchina non ci assicura il nostro controllo su di essa, ma piuttosto il suo controllo su di noi. Tutto questo è vero per le versioni più eterodosse dell'elettronica, ma nei grandi centri di ricerca l'illusione è ancora grande, anche se però qualcosa comincia già a scricchiolare. Insomma, se con la parola 'elettronica' c'eravamo abituati a pensare ad un sistema matematico e inumano che si sarebbe sviluppato all'infinito, allora credo che siamo passati dalla musica elettronica a quella elettro-elettronica, dove l'elettricità come campo di forza ed energia (presente anche nel nostro corpo e nella nostra mente) riacquista la sua centralità. Una musica elettro-elettronica usa i suoi strumenti come un bambino usa i suoi giocattoli per costruire il mondo con l'energia del suo corpo e della sua fantasia. (Elio Martusciello)

S'è andata formando, in Italia, una scena dalla fisionomia musicale e geografica incerta ma i cui adepti possiedono una stessa predisposizione a sperimentare - o a giocare, che non fa molta differenza - utilizzando congegni elettronici. Tale scena va a rinverdire una tradizione che, seppur poco nutrita, ha rivestito grande importanza nel panorama musicale internazionale. Pensiamo a un movimento importante come il Futurismo, alle sperimentazioni accademiche dei vari Berio, Nono e Maderna e a un risvolto popolare come fu il progressive dei '70, con Franco Battiato in testa a tessere le fila. Senza dimenticare che MEV ha fatto base per anni nella capitale del Bel Paese, tanto da poter essere considerato un frutto di casa nostra. E senza dimenticare casi isolati come Pankow, Maurizio Bianchi, Eraldo Bernocchi, Starfuckers, Giancarlo Toniutti, Albert Mayr, Luca Miti, Francesco Michi, Gigi Masin, Mirko Sabatini e Vincenzo Vasi che, nei loro generi, si sono comunque elevati sopra la media.

Ce n'è abbastanza, insomma, per non stupirsi di quest'impennata che coinvolge un cospicuo numero di musicisti e sta facendo parlare di se ben oltre il limite dei confini nazionali. Si tratta quindi di un fenomeno che non potevamo dispensarci dall'indagare; lo abbiamo fatto montando insieme impressioni dei musicisti con nostre considerazioni, scheletrici ritratti dei protagonisti principali con una discografia di base e, consapevoli di fare cosa gradita a molti lettori, con le loro playlist (chiaramente relative al 2001).

Da queste ultime risulta che per i musicisti della nuova scena elettronica italiana il disco dell'anno è Endless Summer di Fennesz seguito da Sagor & Swing di Orgelfarger, Oren Ambarchi di Suspension e Lionel Marchetti di Knud - Un nom de serpent; fra i più apprezzati ci sarebbero anche i Radiohead e i Coil, ma le segnalazioni che li riguardano non si sono concentrate su un unico disco. Buona lettura.

Discrepanze

"Mi sembra che sia cambiato molto in questi ultimi anni. Soprattutto è cambiato l'approccio di molti musicisti: sembra che finalmente ci siamo accorti che esiste un mondo al di là delle Alpi con cui è obbligatorio confrontarsi, scambiare idee e materiali. Tu m', Renato Rinaldi, Domenico Sciajno, Alessandro Bosetti, Logoplasm, Andrea Belfi, Martusciello (non solo Maurizio, anche Elio, il cui lavoro, seppur meno pubblicato, è davvero eccezionale), Valerio Tricoli e tanti altri....si tratta di musicisti della mia generazione che stanno producendo ottime cose e creando un ottimo clima di collaborazione. Sinceramente sono abbastanza ottimista ...anche se non vedo in giro molte etichette." (Giuseppe Ielasi)

"Con Domenico Sciajno, dopo l'uscita del disco su Erstwhile, tra la fine del 2001 e l'inizio del 2002 abbiamo fatto una trentina di concerti in giro per il mondo, ma nessuno di questi in Italia. Le ragioni possono essere davvero tante. Scarsa cultura musicale, ma la verità è che da noi queste cose, in generale, non interessano. Soprattutto non interessa ascoltare cose diverse da quelle che si conoscono già. Scarsa cultura musicale vuol dire anche incapacità di concentrarsi sulla musica, di considerarla non solo intrattenimento, e parlo sia dei dischi che dei concerti. Com'è possibile che in Italia non si riesca a suonare a bassi volumi senza essere coperti dai rumori e dalle chiacchiere? Come è possibile che centri sociali e altre organizzazioni alternative, all'estero molto attivi, siano così conservatori? Mancanza di fondi: in quasi tutti i paesi europei (non negli Stati Uniti) anche le piccole organizzazioni che si occupano di aspetti marginali della cultura hanno accesso a finanziamenti. Per noi è davvero difficile riuscire ad avere aiuti per organizzare concerti/rassegne/installazioni. Questo non significa che non si possa lavorare comunque. Negli ultimi cinque anni di concerti ne ho organizzati parecchi, e non sono assolutamente il solo ad averlo fatto. Ora però inizio a credere che non ne valga la pena. Le persone sono sempre le stesse e il loro coinvolgimento si limita spesso all'ascolto per un paio d'ore... poi poco o niente, soprattutto nessun interesse alla collaborazione. Probabilmente siamo troppo abituati ad aspettare che le cose ci piovano in testa dall'alto..." (Giuseppe Ielasi)

È davvero il caso di essere ottimisti per quanto riguarda la nuova musica elettronica italiana? Ammesso che si possa parlare di scena, dato che fra i vari musicisti esistono enormi differenze sia per quanto riguarda la musica proposta che per quanto riguarda il loro background, l'ottimismo sembra essere giustificato e gratificato dai fatti. Si tratta di musicisti distanti fra se, sia geograficamente che per le idee, ma che hanno saputo conquistarsi un posto di rilievo nel panorama mondiale della musica elettronica piazzando i loro dischi nei cataloghi di quasi tutte le etichette più interessanti.

Diciamo che un movimento così proiettato oltre i confini nazionali non si verificava dagli anni '70, cioè dai tempi del famigerato progressive italiano (l'unico altro fenomeno che siamo stati in grado di esportare in grosse quantità). L'apertura e il riconoscimento in continua crescita che i nostri musicisti ricevono al di là delle Alpi è ulteriormente dimostrato dalla loro partecipazione alle principali manifestazioni europee, dalla tendenza a dedicare intere rassegne alla musica elettronica italiana (The New Italian Futurists di Londra a inizio anno e una manifestazione simile che si terrà al Batofar di Parigi a fine anno), dalla presenza di Alessandro Bosetti nel collettivo berlinese Phosphor, dai sempre più numerosi tour intrapresi all'estero dai nostri musicisti, dalle collaborazioni con nomi internazionali di rango, dalla presenza di Giuseppe Ielasi in un lavoro complesso commissionato dall'austriaca Kunst Radio, dal prossimo soundmix di Kim Cascone - per la serie Intersect (#7:intonarumori) su label Deadtech/Anechoic - con materiali di Fantasmagramma, Tu m', Domenico Sciajno e Mugen (www.deadtech.net/store.htm) e, anteprima assoluta, dalla selezione ottenuta da Maurizio Martusciello con la nuova composizione Dissectio (che dovrebbe essere pubblicata da Metamkine) fra i nove finalisti di un concorso elettroacustico in Belgio.

Una curiosità significativa riguarda Andrea Belfi: se una rivista schizzinosa come The Wire ha pubblicato una recensione del suo CD autoprodotto Ned N.2, per giunta positiva, vuol dire che c'è interesse nei confronti dei musicisti italiani e vuol anche dire che questi rispondono a tale interesse con una produzione di alta qualità. Mi sembrano tutti segnali ben precisi e inequivocabili. Purtroppo le cose cambiano, e diventano ben più tristi, se diamo un'occhiata in casa; come dice Ielasi mancano le etichette, ma mancano pure i locali predisposti al solo ascolto della musica, una situazione che costringe a scegliere fra costosi teatri o ambienti non destinati esclusivamente all'ascolto e quindi problematici. Senza contare le parcelle SIAE che superano di gran lunga quelle dei musicisti stessi.

Questa situazione rende estremamente difficile l'organizzazione di concerti destinati a un pubblico ristretto. E il pubblico, per muoversi, ha bisogno di abituarsi, ha bisogno di eventi che si ripetono con costanza. Non so quanta gente c'era al concerto romano di uno sconosciuto Jimi Hendrix - 30? 50 persone? - mentre oggi anche il gruppo rock più sfigato riempie una sala. Così è successo anche per i cicli pisani di musica improvvisata alla fine dei '70, non credo che la prima rassegna abbia raccolto un pubblico enorme mentre le ultime edizioni erano in grado di fare il pienone. Senza contare l'influenza dei media che hanno sempre più potere e non sono certo interessati a promuovere musiche di nicchia.

Comunque l'interesse c'è e i ragazzi che si impegnano a sperimentare esprimendo e producendo qualcosa di personale anche, magari non sempre con ottimi risultati ma sicuramente con entusiasmo e volontà Basta cercare un po' in giro per individuare una ricca sequela di nomi che non sono stati trattati più diffusamente in questo articolo ma che meritano comunque una citazione: Radio Tone, Flax Maize, Torst, LAB-303, Xaotik Muzak, Orchestra Vuota, Luca Sigurtà, Timbuctu, Fhievel, Giulio Libonati; oppure è il caso di dare un'occhiata al programma del festival che si terrà a fine anno al Batofar di Parigi, quello che abbiamo già citato sopra, per trovarlo infarcito di DJ e di altre invitanti amenità chiamate Allun, Mat-101, Gamers In Exile, D'arcangelo, Wang.inc, Anticracy e non me ne vogliano quelli che non sono stati citati.

Elettro-elettronica

"L'interesse verso la produzione e l'ascolto di forme alternative di musica nasce dal rifiuto delle limitazioni che i generi e le categorie prestabilite ci impongono." (Alessandro Canova)

"Sinteticamente, inevitabilmente con qualche imprecisione, si può sostenere di trovarsi di fronte ad un brano di musica concreta ogni qualvolta un'opera utilizza unicamente come materiali costitutivi solo eventi sonori registrati da fenomeni acustici naturali come quelli generati dai tuoni, dal mare, dalle voci di una folla, ecc. Oppure di musica elettronica se i materiali costitutivi sono di natura sintetica. Di musica elettroacustica se oltre alla combinazione di entrambi i criteri si utilizza anche uno strumentario live (acustico od elettronico). Di musica acusmatica quando un'opera è costituita da suoni sintetici o concreti, o da entrambi, ma che non prevede l'esecuzione live. Di musica improvvisata se non vi è nessuna partitura o criterio atto a condizionare i musicisti che suonano liberamente. Insomma, credo che attualmente è difficile trovare lavori che rispondano ad uno solo di questi criteri, spesso li comprendono tutti." (Elio Martusciello)

"La difficoltà nel muoversi fra generi musicali diversi va individuata soprattutto in termini di approccio e requisiti tecnici. Va da sè che più si tratta di generi specifici, maggiori sono la dedizione e la specializzazione che il musicista deve conseguire. E non mi riferisco solo ad un discorso tecnico: un buon musicista classico non suonerà mai bene il 'liscio' pur non avendo limiti tecnici... In ogni caso trovo sterile la vecchia discussione intorno alla classificazione nella musica, personalmente non mi pongo il problema e non faccio discriminazioni o scale di valore fra musica colta, popolare, improvvisata, etnica, ecc. Trovo però pericoloso l'eclettismo dell'interprete mentre trovo stimolante quello del fruitore. Tutti i generi di cui si parla al presente saranno presto una sorta di musica 'classica', cioè materiale che qualcuno continuerà a praticare per scopi fondamentalmente 'museali'. La musica è un fenomeno vivo che prescinde dalle categorizzazioni.

È spontanea manifestazione di sè e di una cultura nonostante le difficoltà interpretative che tali fenomeni procurano ai propri contemporanei. La storia dell'uomo è sempre più vasta, l'acquisire informazioni al fine di interpretare impone schedature e categorizzazioni perché tutto ciò che può sorprendere in quanto nuovo ci spaventa. Questo atteggiamento limita enormemente le nostre possibilità di una percezione creativa, non necessariamente funzionale. Un fenomeno abbastanza interessante e in qualche modo esemplificativo di ciò che intendo è il filone della sperimentazione acustica legata agli strumenti elettronici. Sebbene questo campo sia già in esplorazione dall'inizio del secolo, la notevole accessibilità degli attuali strumenti digitali apre un nuovo scenario.

Queste apparecchiature e la loro innegabile influenza nella nostra società stanno fungendo da catalizzatori tra musicisti già dotati di un loro bagaglio (soprattutto compositori, improvvisatori e sound artists) e neofiti. Il risultato è al momento un curioso interregno nel quale non si delineano apertamente dei generi veri e propri. Questo mi piace. Temo però che sia una cosa di cui godere nel breve termine perché presto il mercato ed alcuni musicisti, ognuno per i suoi scopi, avranno bisogno di chiarezza. Quanto più tardi questo avverrà tanto più alta sarà la possibilità che maturi tra musicisti e fruitori una coscienza in grado di distinguere tra ciò che è valido e ciò che non lo è. A prescindere dal genere per me, esiste solamente una divisione tra la musica 'buona' e quella 'non buona'." (Domenico Sciajno)

Partiamo dalle parole (e dai pensieri) dei musicisti, eloquenti seppur non sempre in perfetta sintonia, per capire i cambiamenti intervenuti nella musica elettronica (e di conseguenza nella musica in genere). Cambiamenti che sono perfettamente messi a fuoco da Elio Martusciello quando dice: "Una buona parte dei musicisti ha smascherato il discorso tecnocratico, fatto di pura mistificazione, provando a minare l'idolo". Se è lampante la differenza fra un'elettronica primordiale fatta di sogni e illusioni e un'elettronica contemporanea quanto mai concreta, ancor più logici sono i meccanismi che hanno determinato tale evoluzione: diminuzione dei costi e popolarizzazione dei mezzi elettronici. I due processi evolutivi sono chiaramente inter-dipendenti, l'utilizzazione sempre più diffusa del computer, fin dalla scuola, porta a un abbassamento dei costi e ciò contribuisce a propagarne la diffusione.

Possiamo dire che ormai il computer è in quasi in tutti i luoghi di lavoro e in tutte le case. Questa popolarizzazione porta l'elettronica fuori dalle accademie e dall'ambito ristretto della sperimentazione e, di conseguenza, porta il background delle tradizioni popolari all'interno dell'elettronica. Viene quindi a crearsi "quell'interregno" di cui parla Sciajno, alla cui esistenza contribuiscono non solo elementi accademici come elettroacustica, musica concreta, ecc., ma anche rock, musiche nere, musiche etniche, industrial e via elencando.

Un altro elemento determinante proviene dalla sempre maggiore manualità acquisita dai musicisti nei confronti del mezzo elettronico; questa confidenza porta a un utilizzo più particolareggiato e personale, fino ad arrivare a una reinvenzione dello strumento stesso. In questo senso un paragone fra Aphex Twin e Jimi Hendrix, che da sempre ci balena nella capocchia, è tutt'altro che azzardato. Siamo quindi dinanzi a un pout pourri di forme, a una mescolanza di generi e di tecniche difficilmente definibile o racchiudibile all'interno di una sola parola. In tal senso, mentre le vecchie categorizzazioni appaiono inevitabilmente sbiadite, anche nuove definizioni come glitch (in realtà una tecnica di utilizzo del mezzo elettronico più che un'estetica, verrebbe mai in mente a nessuno di chiamare un genere musicale slide?) e microsuoni sono limitate e limitanti, inadeguate a descrivere un insieme così complesso di intrecci. Meglio allora l'inconsueto elettro-elettronica suggerito da Elio Martusciello.

Pop

"Aphex Twin rappresenta senza dubbio uno dei fenomeni più importanti degli ultimi dieci anni. Tutta la nuova elettronica, specialmente quella votata alla techno commistionata al pop e molto altro..., deve tutto alle sue intuizioni. Ogni album di Aphex Twin, anche quelli meno riusciti, contiene paradigmi estetici che hanno anticipato le tendenze da lì avvenire. Molti musicisti sono debitori della sua musica, ma non si avvicinano minimamente alla sua grande forza evocativa: brillantemente giocosa ed in alcuni casi terribilmente drammatica. Il perché di tutto questo è sin troppo difficile da rendere a parole..., ci sono i dischi a testimoniarlo... Ma non solo Aphex Twin è stato a nostro avviso molto importante, anche altri musicisti esteticamente diversi da lui, come Fennesz, Oval, Vert, in un contesto parallelo a quello di cui sopra hanno, secondo noi, deciso il futuro della 'sperimentazione elettronica'. Attecchendo anche ad un gusto più 'popular', allontanandosi dalle paludi stagnanti di molta avanguardia, riscoprendo anche la melodia. Siamo sicuri che qualcuno da qualche parte stia inorridendo per questo..." (Tu m')

"L'inserimento della melodia è cambiato ed ha cambiato il piglio dei nostri brani perché la nostra formazione melodica è fondamentalmente 'pop'. Con 'pop' intendiamo una musica popolare, pur con tutte le perplessità e i dubbi che l'uso di tale parola comporta. Comunemente con 'pop' si intende infatti un determinato tipo di armonia differenziato dal rock, dall'hip-hop ecc.; per esempio ascoltando Bacharach, Brian Wilson e Beatles diciamo: "che bella melodia pop", mentre ascoltando un brano dei Talking Heads, dei Joy Division o degli Autechre determinate armonie meno esplicite danno un'impressione 'un po' meno pop', forse un po' meno fruibili perché si possa parlare di musica popolare; e qui nasce il dubbio al quale ci è difficile rispondere: popolare uguale conosciuto da tutti? In questo senso la forma canzone è lo standard più fruibile, commerciabile, il più diretto per la nostra cultura e il nostro tempo; ciò non significa comunque che consideriamo semplice realizzare una buona canzone 'canonica', i vari Wilson/Van Dyke Parks, Bacharach, Lennon/McCartney, Fagen, O'Rourke, Will Oldham ecc. ne sono l'esempio." (Ent)

Pur condividendo i dubbi espressi dagli Ent, sembra pur evidente come all'interno dell'elettronica sia oggi presente questa tendenza a fare propria la cultura pop(olare), almeno nel senso in cui il termine viene utilizzato dagli anglosassoni e cioè contrapposto alle espressioni colto od accademico. Ciò deriva - oltre che dalla popolarizzazione di cui abbiamo parlato sopra - dal fatto che il retroterra di buona parte dei musicisti ha origine nel pop: gli Ent e Marco Carcasi (Kar) hanno frequentato gruppi hardcore, Paolo Ippoliti dei Logoplasm, Alessandro Bonino (Phonk), Andrea Belfi e i Plastic Violence provengono dal punk, Elio Martusciello si è formato con il rock cosmico, Alessandro Canova (Mugen) ha radici hip-hop e trip-hop, Davide Valecchi (Aal) ha crossato dalla new wave al nu-metal, senza contare l'influenza avuta sull'elettronica tutta da quei generi nati nelle discoteche - quindi per forza di cose popolari - come techno, drum'n'bass e house.

Parlava bene parte del pubblico presente alla manifestazione "Superfici Sonore", tenutasi a Firenze nell'Estate del 2001, quando individuava nell'attitudine dei musicisti la stessa attitudine che sta a fondamento della musica rock. Del rock - e di altra musica suonata su strumenti tradizionali come il jazz - sembra mancare solo la parte spettacolare-scenica, anche se un personaggio come Renato Rinaldi, che è in possesso di una forza comunicativa davvero eccezionale e rara anche in molti gruppi rock, lascia presupporre che tale handicap non è affatto insuperabile. Possiamo inoltre dire, a sostegno delle nostre tesi, che buona parte della musica elettronica italiana (almeno quella che stiamo trattando in questo articolo) ha radici formative più infiltrate nel rock cosmico e nei Pink Floyd, anche se a volte solo di rimbalzo, che non nelle sperimentazioni di Luciano Berio e Luigi Nono (con i quali l'impatto sembra essere avvenuto solo in un secondo momento).

Questa tendenza a flirtare con il pop coinvolge anche musicisti che apparentemente sembrano molto lontani da un gusto popular, a testimoniarlo non ci sono soltanto le varie playlist, che pubblichiamo a compiutezza dell'articolo, ma pure fatti concreti come l'arrangiamento trip-hop fatto da Giuseppe Ielasi per Leda Tries With The Peacock, in La macchina che moltiplica a per tre di Mélgun, o la melodicità che traspare dal primo CD di Z.e.l.l.e. (tendenza che, stando alle ultime dichiarazioni dei due componenti, andrà addirittura ad accentuarsi in un prossimo futuro).

Multimedialità

"In molti movimenti artistici del primo Novecento si è verificata una vera e propria 'attrazione' tra la musica e le altre forme d'arte. Il futurismo stesso come concetto base adottò la 'simultaneità'. Ovvero assemblare in un medesimo istante 'suono', 'luce' e 'movimento'. Luigi Russolo, ad esempio, fu pittore, musicista e inventore di 'strumenti' con le conseguenze che tutti conosciamo. Carlo Carrà, in un articolo su 'Lacerba' del 1913 titolò un suo scritto: 'La pittura dei suoni, rumori, odori'. Questo sta a dimostrare l'interesse intorno al 'suono' non solo da parte dei musicisti stessi ma anche dei letterati, pittori, poeti , ecc... Gli esempi potrebbero continuare, con Cocteau ed il suo rapporto con il 'Gruppo dei sei', oppure E. Pound, che curò perfino un trattato d'armonia. Quindi la musica era veramente alla base degli interessi di tutti quei movimenti artistici. Nel dadaismo le serate del Cabaret Voltaire erano delle vere e proprie situazioni multimediali ante-litteram, dove pittura, teatro, poesia e musica erano una cosa sola, anzi pochi sanno che si suonava qualcosa che in futuro sarà conosciuto come jazz eravamo intorno al 1917. Conosciuti sono i rapporti tra Cage e Duchamp, Varese e Le Corbusier, Luigi Nono prima con Emilio Vedova e poi con Renzo Piano, lo stesso Schönberg era anche pittore..., fino ad arrivare, passando per il movimento Fluxus, alla multimedialità di Nam Jun Paik" (Tu m').

La scena elettro-elettronica deve sicuramente molto ai movimenti artistici d'avanguardia nati nella prima metà del '900: innanzi tutto perché le propaggini musicali di quei movimenti rappresentarono davvero una rottura con il passato e inserirono l'utilizzo delle macchine nella musica, in secondo luogo perché la multimedialità tipica di quei movimenti sembra essere trasposta a definire uno dei caratteri più distintivi delle musiche che andiamo trattando. Molti dei musicisti presi in esame hanno frequentato scuole d'arte o sono interessati a forme espressive altre, rispetto alla musica, come la pittura, la scultura, il linguaggio, le arti visive. Infine c'è il connubio vero e proprio: quello delle performance audio-visive di Domenico Sciajno e dei Fantasmagramma, dei lavori per il teatro di Rinaldi, Ielasi e Tricoli e dei Kar, degli happening inscenati dai Plastic Violence, degli intrecci con Cane CapoVolto (collettivo catanese di cinema sperimentale che fa capo a Alessandro Aiello e Enrico Aresu) da parte di Maurizio Martusciello e dei Tu m', delle immagini sonorizzate presenti nella net-label di questi ultimi fino a quella che sembra essere la forma eccelsa di questa multimedialità, cioè l'installazione o architettura sonora. Un altro elemento da non trascurare è l'influenza esercitata dalla musica e dalle culture orientali, soprattutto giapponesi, in particolare per ciò che concerne la liberazione del suono da significanze varie, e superflue, per ridurlo alla sola essenza di suono con i suoi timbri e colori.

Distribuzione

"Si è parlato a non finire della maggiore facilità della diffusione della musica negli ultimi anni, dei vantaggi (chiunque può stampare il proprio disco e mandarlo in giro) e degli svantaggi (quasi nessuno riesce più a dedicare attenzione a quello che ascolta... subito pronti con il prossimo disco da mettere nel lettore....). Bene, per quanto mi riguarda non c'è differenza tra CD o CD-R e la qualità sonora è identica. La facilità di produzione ne fa un mezzo molto comodo ed economico, ma spesso abusato (poco controllo della musica che si manda in giro, poca selezione del materiale e se vuoi anche poca attesa....senza neanche il tempo di lasciarlo sedimentare). È questo che mi interessa, ascoltare della musica. I Logoplasm sono un ottimo esempio in questo senso (così come lo è il CD-R di Andrea Belfi). L'economicità della produzione del CD è secondo me del tutto relativa (soprattutto per l'Italia) e non tutti si possono permettere di fare uscire un disco ogni due mesi, per cui ben vengano i CD-R." (Giuseppe Ielasi)

"Frans de Waard ha recentemente definito le CD-R labels come 'le cottage industries dei tempi odierni'... ci siamo inizialmente avvicinati al CD-R per motivi economici dato che gestiamo la S'Agita con quello che riusciamo a scansare dai nostri lavori regolari, e davvero non è molto. Usando un supporto oramai economicissimo, masterizzandolo e confezionandolo in casa tagliamo sulle spese in maniera netta, così da poter investire la differenza in un'altra uscita, o nell'estetica del packaging. Ovviamente tutto questo va a scapito del tempo, perché per tenere su un'etichetta, per mettere su un CD-R ne serve moltissimo, e siamo costretti a rubarlo ovunque capiti, al sonno, al riposo, alla lettura, all'aria aperta, alla vita. Ma non vediamo il CD-R come una panacea per l'autoproduzione. Certo che i prodotti si presentano meglio, sia auralmente che visivamente, ma questo è merito del computer, che ha massicciamente invaso la vita quotidiana. Le rappresentazioni cambiano: il bianco e nero del collage xerox di una volta è stato sostituito dagli onanismi dei software grafici, chi aveva poco gusto un tempo presenta adesso in maniera meno eye-soring ciò che produce. Le tirature sono aumentate di pari passo al decrescere dei tempi di duplicazione. I software aiutano molti a tirare su dal nulla pezzi, composizioni, intere suite, e forse l'autocritica manca oggi come e più di un tempo." (Logoplasm)

"È successo per caso e per scherzo. Poi ha funzionato. Non ho mai mandato un demo a nessuno: il fatto è che non ho mai pensato alla musica come a una forma di sostentamento, quindi perché venderla? Non dico che ciò non possa succedere, ma non me ne sono mai (pre)occupato. La mia musica nasce in digitale e lascia il mio hard disk solo per venire caricata sul server. L'idea di doverla distribuire e vendere su un supporto fisico quando chiunque può scaricarsela gratis mi sembra una cavolata. In fondo faccio della musica solo per divertirmi e devo dire che mi diverto parecchio!" (Alessandro Bonino)

"Per mp3, il discorso è diverso. Mi spiace, ma il suono è proprio pessimo e non si tratta di frequenze. Lionel Marchetti, parlando di Chion, analizza la profondità del suo suono (in senso prospettico); suono non solo sulla superficie dell'altoparlante, ma 'dietro' l'altoparlante stesso... lontano. Ok, alla maggior parte della musica di oggi (e non solo quella prodotta digitalmente) lo 'spazio' manca del tutto e così il formato mp3 funziona. Sinceramente a me interessa poco (a meno di non concepire un brano espressamente per questo formato, ma in questo caso credo che si debba lavorare tenendo in considerazione ben altri parametri, non ultima la bassa qualità della maggior parte degli impianti stereo collegati ai computer...). Altri discorsi (...la mancanza del supporto...) mi interessano ancora meno." (Giuseppe Ielasi)

"Perché mai dovrei diffondere musica via rete? Non credo ci sia alcuna bellezza o utilità nel farlo. Non ho mai scaricato musica da internet e tutto quello che riguarda gli mp3 mi procura orrore. Se si potessero ascoltare solo mp3, non ascolterei musica affatto." (Valerio Tricoli)

La diffusione su larga scala del mezzo elettronico non coinvolge solo il modo in cui la musica viene creata, ma anche la produzione dei supporti e la distribuzione. Gli studi domestici sono nettamente in aumento, vengono utilizzati anche da numerosi gruppi rock indipendenti, e con essi si sviluppa la tendenza all'autodistribuzione. Le piccole etichette, spesso gestite dai musicisti stessi, si sono riprodotte a dismisura e sovente funzionano anche come distributrici delle consorelle - applicando fra sè il sistema dello scambio - fino alla creazione di una rete capillare addirittura più efficace ed efficiente di quella creata dalle grandi etichette ('indipendenti' e non).

A questo punto entra in gioco il CD-R, un supporto più delicato rispetto al CD prodotto industrialmente - nel secondo c'è probabilmente una patina protettiva che viene aggiunta dopo la registrazione - ma non inferiore ad esso per qualità sonora, che permette di preparare in casa i propri dischi a chiunque sia in possesso di un minimo d'attrezzatura. Inizialmente il CD-R aveva la funzione dei vecchi demotape, ma il suo ruolo è andato cambiando - o meglio altre funzioni si sono aggiunte alla precedente - tanto che sono nate etichette specializzate in CD-R (vedi la S'agita gestita dai Logoplasm). Non solo, anche etichette maggiori come la Staalplaat e la Touch e musicisti ormai affermati come Philip Jeck e Momus, non disdegnano l'utilizzo di questo supporto creando addirittura sottomarchi specializzati in CD-R. Quello che fino a ieri era il problema maggiore del CD-R, cioè l'aspetto grafico, è in fase di soluzione ed etichette come la portoghese Grain Of Sound e la stessa S'agita, non hanno nulla da invidiare alle consorelle più ricche.

Senza volervi cercare utopici elementi di controcultura o autoproduzione alternativa, che i produttori dei supporti utilizzati sono sempre le solite multinazionali, appare comunque chiaro come questo supporto possa rappresentare per il musicista il conseguimento di una salutare autonomia a basso costo. Ma accanto agli aspetti positivi, possibilità per il musicista di gestire tutto il processo creativo e commerciale, vi sono gli aspetti negativi, che si possono riassumere in un ulteriore aumento della produzione con relativo intasamento del mercato. Questo è comunque un fenomeno che ha ormai radici storicizzate - il CD ha rappresentato un aumento della produzione rispetto al vinile e il vinile ha rappresentato lo stesso fenomeno rispetto alle vecchia diffusione diretta tramite concerto - e che al momento sembra inarrestabile. Un freno a ciò può stare solo nella qualità della confezione (e già ci sta pensando anche chi produce a livello industriale attraverso confezioni, spesso limitate alle prime copie, che sono autentiche opere d'arte).

La piccola produzione, come inevitabilmente è quella dei CD-R, può giocare anche sull'espediente delle copie numerate che fa di ogni pezzo un oggetto unico. Dato che la tendenza generale del pubblico acquirente, a livello di gruppo omogeneo, sembra ormai orientata all'acquisto di una copia singola dalla quale poi masterizzare, quella delle poche copie, numerate e confezionate con cura, sembra essere una soluzione ottimale. Il problema nasce a questo punto per i veri appassionati che, per paura di non trovare più quel particolare oggetto, sono costretti ad acquistare senza fare troppe riflessioni. Questi sono tutti temi aperti dai quali dipende in parte il futuro di quelle musiche destinate ad un pubblico limitato. Se il CD-R sembra essere ormai un dato acquisito, la distribuzione in rete attraverso le net-label è invece un sistema che trova ancora numerose opposizioni, soprattutto a causa della sua qualità ancora di basso livello.

Nonostante ciò è possibile assistere a un proliferare di questo mezzo di diffusione, anche in Italia e da parte di artisti di estrazione diversa come Phonk, Tu m', Domenico Sciajno, Mugen, i musicisti legati a "Oltre il Suono". Sinceramente trovo che anche questo sia un fenomeno inarrestabile e la contrapposizione netta nei suoi confronti mi fa pensare a coloro che bruciavano le prime fabbriche per contrastare la nascente società industriale. Penso quindi che il fenomeno delle net-label vada, più che rifiutato a priori, analizzato con meticolosità. Innanzi tutto la qualità mi sembra destinata senza dubbio a migliorare, non siamo che alla preistoria, e in ogni caso è possibile riprendere il discorso già fatto sopra: il vinile ha peggiorato la qualità dei concerti, il CD ha peggiorato la qualità del vinile, la distribuzione in rete è destinata a peggiorare la qualità del CD.

Ma, a parte ipotetiche società in difesa del vecchio vinile o, in futuro, del vecchio CD (in ogni caso roba da boutique), soprattutto per quanto riguarda la diffusione di massa non vedo altre alternative se non quella di studiare il sistema nei suoi meccanismi e capire come può essere utilizzato creativamente dai musicisti e dagli ascoltatori. Comunque vada quello della rete è, fin da oggi, il metodo più comodo, economico e veloce che hanno i musicisti per far viaggiare la propria musica e farsi conoscere ma non solo, e se anche un David Grubbs, che proprio sconosciuto non lo è più, accetta di inserire un proprio brano nella net-label curata dai Tu m' ci deve essere sotto qualcosa d'altro?

La rete potrebbe rappresentare inoltre l'unico strumento in grado di cambiare il rapporto fra musicisti e fruitori, permettendo a questi ultimi di poter accedere all'ascolto della musica, decidendo ciò che più li aggrada, saltando intoppi parassitari quali possono essere la critica, le etichette, i distributori e i commercianti. Tutto sta nel come questo strumento si svilupperà, potrà e saprà essere utilizzato.

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Gli imprescindibili della nuova musica elettronica italiana (per Etero Genio)

Etero Genio desidera ringraziare tutti i musicisti trattati per la loro collaborazione.